Dead of Darkness giunge in un periodo di forte stagnazione per quanto riguarda il genere horror/esplorativo nei videogiochi. Tanto per capirci stiamo parlando di uno stile molto alla "Resident Evil" dove una tensione palpabile ci accompagna schermata dopo schermata a muoverci in ambienti molto poco raccomandabili, in una chiara condizione di squilibrio e di inferiorità e alla ricerca di indizi per venire a capo di un insolito mistero. Ultimamente infatti, salvo remake e rimasterizzazioni varie, il mercato non ha offerto molte novità con il risultato che gli appassionati di questo genere (e sono tanti) vivranno questa pubblicazione come una boccata d'aria fresca.
Opera di una software house tedesca, Retrofiction Games, ma di fatto realizzato interamente da un solo programmatore Markus Neuert (e questo lo rende ancora più unico), Dead of Darkness attinge a piene mani da tanti giochi usciti nel passato fondendo investigazione e horror in maniera sapiente e mai banale. Giusto per fare qualche esempio, oltre alle ambientazioni del già citato Resident Evil ci troveremo anche tracce di quel lontano capolavoro per Commodore 64 che è The Detective, ma soprattutto ci troveremo una storia perfettamente scritta e rappresentata in grado di intrattenerci fino alla fine. Benediciamo quindi il mercato indipendente e lanciamoci nella nostra recensione.
Il gioco inizia con una particolare sequenza nella lontana isola di Velvet Island. Siamo nel 1985 con la signora Danielle che consegna una strana lettera alla cameriera Giselle prima di affrontare l'ennesima lite con il giovane William (suo figlio?). La cameriera consegna la lettera al ragazzo di casa, Perry, per poi venire aggredita da un qualcosa non meglio definito. Nel contempo Miles Windham, un ex poliziotto, adesso investigatore privato ma sempre tormentato da un oscuro passato, riceve una strana telefonata dal Graham Memorial Hospital, una struttura psichiatrica presente sulla lontana isola e poi un'audiocassetta che lo invita a recarsi a Velvet Island. Durante il viaggio farà la conoscenza di Olivia Greene, un'infermiera alle prime armi e al primo incarico presso la struttura dell'isola stessa ma entrambi non immaginano nemmeno l'orrore al quale stanno andando incontro.
Una volta giunti a destinazione faranno i conti prima con l'ostilità degli abitanti locali, poi con strane creature che sembrano sputate dall'inferno e che sembrano un miscuglio tra zombie e mostri e con una serie di omicidi nascosti dall'omertà degli abitanti di Velvet Island. Un mistero molto articolato che fin da subito ci farà porre diverse domande: c'è una correlazione con la strana clinica psichiatrica? Da quanto tempo va avanti questo massacro? Cosa c'era scritto nella lettera della signora Danielle? Tanti interrogativi che meritano una risposta, sia per la nostra indole curiosa ma anche per ragioni di vera e propria sopravvivenza dal momento che il prossimo piatto sul menu siamo proprio noi.
Dead of Darkness fonda la sua essenza sulla grafica in pixel art, con personaggi cubettosi e volutamente poco definiti (così come gli ambienti) che però denotano una certa maestria nell'arte del disegno: si nota la particolare caratterizzazione di ogni personaggio, forse un po' meno solo per alcuni personaggi secondari. La bravura dello sviluppatore si nota anche nei dialoghi quando versioni disegnate (chiaramente a mano) dei personaggi compaiono in primo piano dialogando tra loro in maniera assolutamente "fumettosa". La scelta dei colori, delle ambientazioni, delle animazioni ricorda molto il già citato The Detective (anche se a quel tempo era una scelta obbligata) e la poca definizione dei disegni non lascia mai alcun dubbio sull'interpretazione.
È pixel art ma è realizzata davvero molto bene, scene splatter (e ce ne sono a iosa) comprese. Una volta giunti alla villa verremo accompagnati nella nostra stanza dove c'è un punto di salvataggio: lo dice anche il gioco che non è presente un salvataggio automatico, ma la continua ricerca della safe room rappresenterà la croce e la delizia di tutta la produzione. Con l'uso del controller (abbiamo usato quello Xbox) ci muoveremo bene sullo schermo non potendo fare a meno di notare i bei giochi di luci ed ombre, soprattutto vicino ai lampioni negli ambienti esterni, ma anche nelle diverse stanze della costruzione. Man mano che procederemo la mappa si disegnerà di volta in volta, salvo trovare alcune cartine in giro e in quel caso avremo direttamente una visione d'insieme. Con il tasto select potremo visualizzarla su schermo e troveremo evidenziate in verde le aree dove non c'è più niente da fare, in rosso quelle che richiedono il completamento di qualche puzzle.
Fin dalle prime battute troveremo parecchie porte chiuse e la nostra curiosità si metterà a suonare come una campanella, anche perché il gioco ci avvisa che serve un grimaldello per aprirle oppure una gemma di un particolare colore. Accedendo al nostro inventario (con il tasto Y) noteremo quattro differenti aree: l'inventario vero e proprio (con 8 slot liberi), gli indizi, la mappa e i documenti. Tutto in Dead of Darkness è importante. Gli 8 slot ad esempio non sono tantissimi e non ci sarà neanche modo di espanderli, costringendoci a volte a riversare alcuni oggetti in giganteschi cassettoni trovati in giro (per fortuna collegati tra loro), altre volte a prendere drastiche scelte: meglio portare le munizioni della pistola o il grimaldello? Meglio gli antidolorifici o il coltello? Invece gli indizi, ricavabili da alcuni documenti trovati in giro ci permetteranno di interagire con alcune cassapanche o casseforti trovate in giro oltre a permetterci di svelare parti nuove della trama. I documenti infine vanno letti, anche se lunghi, dal momento che all'interno possono nascondere dettagli importantissimi che possono svelarci ad esempio dove trovare gli oggetti per potenziare le armi, per affilare il coltello, oppure indirizzare il nostro cammino in una determinata direzione.
Avremo a disposizione due armi, una pistola e un fucile a pompa (quando li avremo trovati) e una certa quantità di munizioni da trovare in giro: poca roba rispetto ai mostri che ci circondano, e quindi dobbiamo stare bene attenti a non strafare e soprattutto a non sprecare neanche un proiettile. Anzi, proprio la penuria di munizioni, rende fondamentale cercare di potenziare le nostre armi al più presto in modo da fare ancora più danno. I mostri sono spietati, alcuni vanno giù dopo diversi colpi, altri sono in grado di farci fuori al semplice contatto e, considerato anche che le armi vanno pure ricaricate, dovremo tenerci sempre a debita distanza e a volte ci toccherà darcela a gambe levate piuttosto che affrontare lo scontro. Anche perché non ci sono pause, se apriamo l'inventario con un mostro vicino, questo ci attaccherà lo stesso, quindi ci vuole molta attenzione.
Per sparare useremo il tasto RB per mirare e A per fare fuoco (oppure X per ricaricare). Molto, quindi, incide la fase esplorativa assolutamente non semplice proprio per la struttura del gioco stesso. Se per la ricerca degli elementi sensibili su schermo potremo contare sulla pressione del tasto LB che ci indicherà tutto ciò con cui possiamo interagire, per quanto riguarda la mappa questa ci mostra il singolo piano e anche se potremo scorrerle tra di loro è richiesta una buona memoria circa il posizionamento delle stanze di interesse.
Ad esempio ricordare a memoria dove si trova la Safe Room è fondamentale, ma questo non vuol dire che sia facile arrivarci: girovagare per tanto tempo e poi perire per colpa di un mostro senza aver avuto il tempo di salvare è quanto meno avvilente (e ci è capitato diverse volte). Fortunatamente i dialoghi e le scene di intermezzo sono "skippabili". Sotto questo punto di vista si poteva fare sicuramente di meglio aggiungendo più punti di salvataggio sulle varie mappe. È vero che la difficoltà contribuisce ad incrementare la tensione, ma è anche vero che si incontrano mostri che non si possono battere se non con le armi giuste e mandare all'aria tanta esplorazione non è mai piacevole.
Andando avanti nel gioco comunque si capisce quanto i vari ambienti (interni ed esterni) siano assolutamente collegati fra di loro, ma la necessaria esplorazione si sposa benissimo con il concetto di backtracking che ci vedrà andare avanti e indietro per raccogliere quante più risorse possibili e soprattutto per cercare di sbrogliare la matassa. I dialoghi dal canto loro sono ben articolati con un ottimo doppiaggio e con dei buoni sottotitoli nella nostra lingua, lasciando trapelare continuamente i vari stati d'animo che investono tutti i protagonisti.
In realtà siamo davanti a un piccolo grande gioco: se si ha la pazienza di passare sopra al sistema di salvataggio (anche perché quando si riesce a raggiungere la safe room è una gran soddisfazione), si ha di fronte una bellissima storia, ottimamente scritta e meravigliosamente articolata che ci porterà all'interno di cospirazioni, intrighi e soprattutto di vecchie storie che sono rimaste sepolte per tantissimo tempo. La sensazione è che ogni angolo nasconda qualcosa, che ogni porta chiusa possa rappresentare la soluzione dell'enigma anche perché la caratura semplice dell'aspetto grafico non deve trarre in inganno. Basta vedere la voce "combina oggetti" nell'inventario per renderci conto che siamo davanti ad un'avventura con tutti i crismi peraltro di buona durata (sono richieste circa 8 ore per arrivare ai titoli di coda). Se poi consideriamo che tutto questo lavoro lo ha fatto una persona sola allora non possiamo che consigliare Dead of Darkness a tutti gli amanti delle avventure noir. Sicuramente non se ne pentiranno!
Modus Operandi:
abbiamo affrontato i misteri di Velvet Island grazie a un codice fornitoci dallo stesso gentilissimo sviluppatore di Retrofiction Games Markus Neuert.