Come ben sappiamo, parlare di The Last of Us equivale a toccare vette altissime dal punto di vista tecnico e di narrazione. Naughty Dog, dopo l'esordio sulla prima PlayStation con la trilogia di Crash Bandicoot e il consolidamento con quella di Jak and Daxter su PlayStation 2, diventa uno dei migliori sviluppatori a livello mondiale con la pubblicazione della trilogia di Uncharted su PlayStation 3 (qui la nostra recensione di Uncharted: Drake's Fortune) che ha meravigliato i giocatori e la stampa con picchi tecnici e ambientazioni davvero impressionanti (qui la nostra recensione della Nathan Drake Collection).
Ma lo sviluppatore californiano stava lavorando in segreto ad un progetto ancora più importante... un gioco che avrebbe coinvolto emotivamente il giocatore, rendendolo partecipe di una storia dura, vera che gli avrebbe sbattuto in faccia, in un nugolo di emozioni, una realtà pesante dove il peggio dell'essere umano viene fuori quando ha di fronte uno scenario post-apocalittico. Stiamo parlando, ovviamente, di The Last of Us (qui la nostra recensione dell'originale) che divenne il canto del cigno di PlayStation 3 sfruttando ogni goccia della console che avrebbe ceduto il passo nello stesso anno - parliamo del 2013 - alla nuova e fiammante PlayStation 4.
Fu un'opera maestosa, dalla grande potenza tecnica ed emotiva in grado di provocare al giocatore tanti tipi di emozioni mostrando cosa l'essere umano sarebbe in grado fare se la sua vita fosse in pericolo, dove la sopravvivenza diviene improvvisamente la necessità primaria. Il gameplay basato sullo stealth, sui combattimenti e sull'esplorazione si fondeva perfettamente con le tante sequenze in-game tanto da formare un quadro unico che lasciava letteralmente basiti. E' come se il gioco stesse bussando ad una parete vicino al giocatore per trasportarlo all'interno di questa realtà nuda e cruda.
Lo sviluppatore californiano first party di Sony non solo stava lavorando alla rimasterizzazione su PlayStation 4 della cruda avventura di Joel ed Ellie, ma anche al suo seguito diretto. Durante questo lungo periodo di sviluppo, durato oltre 7 anni, ha pubblicato nel 2016 Uncharted: Fine di un Ladro (qui la nostra recensione) l'ultima grande avventura di Nathan Drake, seguita un anno dopo dallo spin-off Uncharted: L'Eredità Perduta (qui la nostra recensione). Anche qui non potevamo che tessere le lodi sull'incredibile comparto tecnico, dove usciva fuori una delle doti maggiori di Naughty Dog: l'incredibile attenzione per i particolari, anche quelli apparentemente più insignificanti.
Quando il 19 giugno di due anni fa (quindi in piena pandemia da Covid19) è stato pubblicato The Last of Us Parte II, sia la stampa che i giocatori non potevano che elogiare un'opera che potremmo definire fuori scala. Con un comparto tecnico a dir poco pazzesco e una narrazione ancora più dura, potente e decadente che ha messo in gioco un secondo protagonista al pari di Ellie, ovvero Abby. La forza dell'opera di Naughty Dog era in grado di farci vivere vari tipi di emozioni durante lo svolgersi di tutta la storia e, implicitamente, schierarci con una delle due protagoniste o magari con nessuna. I risultati sono stati i voti altissimi della stampa e il grande apprezzamento dei giocatori (ovviamente anche del sottoscritto. -NdR) che hanno consacrato il titolo Naughty Dog come una delle opere più significative dell'ultima decade.
Come ben sapete Sony e Naughty Dog hanno annunciato, nei mesi scorsi, nientemeno che il remake dell'originale The Last of Us. Questo annuncio, anticipato dalle voci di corridoio dei vari siti specializzati, non è stato accolto bene da una fetta di giocatori e appassionati. Perché fare un remake dell'originale su PlayStation 5, dopo la remaster per PS4 uscita nel 2013, e per di più venduto a prezzo pieno? Domande legittime che hanno posto più di un dubbio su uno scopo più commerciale che ludico. Ma ragionando a mente più fredda, l'idea non è così sbagliata poiché si è andati a rifare pressoché da zero il comparto grafico adattandolo alle capacità tecniche della nuova ammiraglia Sony. Non solo la parte tecnica è stata presa a piene mani dal secondo capitolo, ma anche la gestione dell'equipaggiamento è stato integrato in questo remake. Non a caso la dicitura Parte I vuole creare un corpo unico tra i due capitoli, come se fosse un indizio su un possibile Parte III in lavorazione... un'ipotesi da non scartare a priori.
Ma andiamo finalmente ad analizzare questo remake nella nostra recensione!
Quello che abbiamo è lo stesso identico gioco in tutto e per tutto: nessuna modifica nella storia e nelle numerose e curatissime cutscene. The Last of Us Parte I è identico sia all'originale per PlayStation 3 che alla remaster per PlayStation 4. E Allora cosa cambia? Il comparto grafico e (in parte) il gameplay. Il suffisso Parte I non è casuale, bensì vuole dare una certa continuità alla serie, agganciandosi alla Parte II. Infatti dalla Parte II, come abbiamo indicato un paio di paragrafi più in alto, il remake integra l'infrastruttura tecnica e la gestione dell'equipaggiamento che va a sostituire quello (abbastanza anonimo) dell'originale e della remaster. Ma ciò che veramente cambia è il comparto grafico davvero imponente, mentre ora le animazioni facciali sono più in linea con quelle della Parte II anche se non raggiungono lo stesso livello (e stiamo parlando di un titolo della passata generazione!), ma comunque di grande impatto e con un dettaglio elevatissimo.
Ripercorrere il prologo iniziale - con la sua tragica conclusione - che vede protagonisti Joel, sua figlia Sarah e il fratello Tommy è ancor più bello quanto straziante. Il dettaglio visivo si stacca in modo netto non solo (ovviamente) dall'originale per PS3, ma anche dalla stessa remaster su PS4, a testimoniare il passaggio alla nuova generazione. Tutto questo non fa altro che creare una maggiore immedesimazione con i protagonisti e la loro cruda storia, cercando di sopravvivere non solo al terribile parassita Cordyceps ma anche agli stessi esseri umani divenuti quasi delle bestie senza un briciolo di pietà. Il fungo parassita ha cambiato completamente le carte in tavola mettendo a nudo il peggio dell'uomo.
Vent'anni dopo gli eventi del prologo troviamo Joel, ormai cinquantenne, aprire la porta a Tess indaffarati a guadagnarsi il pane e curare un affare relativo a delle armi legate ad un certo Robert. La vita di tutti i giorni si scontra con una zona quarantena all'interno della città di Boston e ad un regime molto duro e pesante che limita la vita degli abitanti. La loro ricerca li porta non solo a farci entrare nelle meccaniche di gioco di stampo stealth, di combattimento e di esplorazione, ma fino ad un punto focale della storia dove Joel avrà in mano la possibilità di ottenere le famigerate armi richieste. Questa “figura di scambio” è la quattordicenne Ellie, la quale ha una caratteristica peculiare che potrebbe aiutare l'umanità: è immune al parassita Cordyceps, infatti è stata morsa da un infetto tempo addietro e il fungo non si è evoluto nel suo corpo, o meglio nel suo cervello. Marlene, che si è presa cura di lei, indica a Joel e a Tess di portarla nel palazzo del governo dove l'organizzazione delle Luci, che si oppone all'egemonia della gestione della quarantena, ha preparato una squadra a prelevarla.
Joel, riluttante ma convinto da Tess, s'incammina pensando alla ricompensa delle armi. Da qui in avanti vedremo la maturazione del rapporto tra Joel ed Ellie, inizialmente molto distante, pian piano avvicinarsi. Due storie molto diverse che vanno ad intrecciarsi dallo scorrere degli eventi, alcuni dei quali costringono i due a collaborare e a conoscersi meglio... vedendo Joel aprirsi ad Ellie che, in un modo o nell'altro, gli ricorda sua figlia Sarah dal punto di vista genitoriale.
Tale rapporto muta continuamente a causa delle situazioni difficili e pericolose che il duo dovrà affrontare, pena la dipartita per mano degli umani o degli infetti. Non c'è gloria: o la sopravvivenza o la morte! Non c'è spazio per l'umanità e i sentimenti, non se lo possono permettere. Ciò porta al giocatore a vivere emozioni contrastanti, ed è qui che Naughty Dog ha puntato tutto creando quest'opera: sbatterci in faccia una realtà dura e pesante che tenta di bussare alla quarta parete, quasi a farci sentire quell'atmosfera opprimente che vivono Joel ed Ellie, insieme agli altri comprimari, con una narrazione a pelle quasi viva e pulsante come se fossimo noi stessi a vivere quella realtà. La qualità del doppiaggio, accompagnato dalla nuovo comparto grafico e delle nuove animazioni fanno il resto, avvicinandoci a quella “fuori scala” che è The Last of Us Parte II. Non possiamo che elogiare il doppiaggio italiano, fiore all'occhiello di ogni esclusiva PlayStation, che esalta ogni minima cosa, anche quella più insignificante.
Vivere The Last of Us è come lottare per la sopravvivenza e contro il peggio che c'è dentro ognuno di noi: è una metafora, o un presagio, se un giorno l'essere umano si troverà contro una minaccia biologica di livello planetario. Un piccolo assaggio lo abbiamo avuto in questi due anni con la pandemia di Covid19, costretti per un periodo di tempo a vivere una quarantena forzata all'interno delle nostre abitazioni. Cosa succederebbe se al posto del coronavirus ci fosse stato il fungo parassita del titolo Naughty Dog? Non lo sappiamo, ma possiamo ipotizzare una realtà non troppo distante da quella del gioco, sperando di non vivere mai una situazione del genere.