Redattore: Alessandro 'Caporale Jonlan' Grussu Pubblicato il: 01/10/2009 | | | Immaginate un mondo dove l’energia è l’arma principale per combattere un duello da cui dipende la vostra esistenza… | | Ideato e programmato da Geoff Crammond per il Commodore 64 nel 1986 e successivamente pubblicato dalla Firebird, The Sentinel fu ben presto convertito per molte altre piattaforme dell’epoca, tra cui lo Spectrum. La versione per le macchine Sinclair fu opera di Mike Follin e uscì nella primavera del 1987, ricevendo unanimi consensi altamente positivi. Basti ricordare che su Sinclair User, Crash e Your Sinclair, le tre principali riviste britanniche dell’epoca dedicate allo Spectrum, The Sentinel conquistò i massimi riconoscimenti, un onore di cui pochi titoli si son potuti fregiare nella storia videoludica del computer progettato da Sir Clive.
Come molti giochi classici, The Sentinel è uno sviluppo geniale di un’idea semplice. Se dovessimo definirlo in termini estremamente sintetici potremmo affermare che si tratta di un incrocio tra il primo principio della termodinamica, il pensiero di Cartesio e un altro gioco, che tutti conosciamo: il nascondino. Come definizione potrebbe sembrare a prima vista abbastanza oscura, ma non è facile riassumere in poche parole un titolo che, come vedremo, sfida qualsiasi tentativo di incasellamento preciso in un genere, ponendosi a metà tra un rompicapo e un gioco strategico tattico.
Per prima cosa, l’ambientazione è estremamente suggestiva. In uno spazio privo di caratteristiche è sospeso un paesaggio di forma quadrata diviso in caselle a scacchi, caratterizzato da vette più o meno alte, pianori, vallate ampie e strette, gole, calanchi profondi da cui è difficile vedere cosa avviene ai livelli più alti. Tutto è dominato dallo sguardo inesorabile della Sentinella, un essere posto sul picco più alto, che ruota lentamente sorvegliando ogni cambiamento nel livello di energia presente. Sconfiggere la Sentinella, assorbendo l’energia che la compone, è lo scopo del gioco.
GAMEPLAY
Ecco dove interviene il primo principio della termodinamica. Esso, partendo dai presupposti che l’energia non si genera e non si distrugge, afferma che in un sistema isolato, cioè nel quale non avvengono scambi di energia con l’esterno, la quantità di energia è costante (legge di conservazione dell’energia). In questo caso, il sistema isolato è proprio il nostro paesaggio; tutto ciò che in esso può esistere, inclusa la Sentinella, è composto da unità di energia il cui numero rimane sempre costante.
Alla partenza del gioco ci vengono richiesti, sotto lo sguardo minaccioso della Sentinella, un numero di paesaggio e un codice segreto. Il mondo di The Sentinel è infatti composto da ben 10.000 – sì, non è un refuso: diecimila – aree di gioco dette appunto paesaggi, numerati da 0 a 9999. Ognuno è diverso dall’altro e contraddistinto da un codice composto sempre da otto cifre, tranne il primo paesaggio che non ha codice. Premiamo ENTER a entrambe le richieste ed eccoci, dopo qualche istante, nel paesaggio 0. Prima di immergerci nel vivo del gioco ci viene presentata una veduta d’insieme del paesaggio, che mostra tra l’altro la posizione della Sentinella, ma non la nostra casella di partenza. Premiamo un tasto e davanti ai nostri occhi si apre uno spazio in tre dimensioni. L’avventura è iniziata.
Notiamo subito che possiamo ruotare lo sguardo in alto e in basso, a sinistra e a destra, ma non possiamo muoverci. Siamo infatti null’altro che una “coscienza pensante” – una res cogitans, direbbe il signor René Descartes, altrimenti noto come Cartesio – racchiusa entro un simulacro antropomorfo, che nel linguaggio del gioco è detto robot (e che Cartesio definirebbe la nostra res extensa, il nostro corpo che si estende nello spazio). Un robot è composto da tre unità di energia e rappresenta il mezzo con il quale possiamo spostarci sul paesaggio. Come fare? Premiamo SPACE o il pulsante di fuoco del joystick ed ecco comparire un mirino. Posizioniamolo su una casella visibile e premiamo R: su quella casella apparirà un robot, ma al tempo stesso un simbolo simile ad esso in alto allo schermo sparirà. Per creare qualsiasi cosa abbiamo bisogno dell’energia, e all’inizio disponiamo di dieci unità di energia. Quindi ora ce ne rimangono sette. Ponendo il mirino alla base del robot e premendo Q trasferiremo la nostra “coscienza pensante” in esso. Dopo una breve musica e qualche altro istante, notiamo il nostro vecchio “guscio” davanti a noi. Per mezzo del mirino e premendo A lo possiamo assorbire, recuperando l’energia spesa per costruire la nostra res extensa attuale.
Ma, dal momento che quasi sempre partiremo dal fondo del paesaggio, come faremo a salire di altopiano in altopiano, di cima in cima, fino a vedere la base della Sentinella e ad assorbirla? Necessitiamo di qualcosa che ci serva per “fare scala”. Ancora una volta usiamo il mirino su una casella visibile e premiamo B. Apparirà un masso, su cui potremo piazzare un robot per vedere parti del paesaggio invisibili dalla nostra altezza attuale, oppure altri massi fino a quanto ci sarà permesso dalla nostra dotazione di energia – un masso “costa” due unità. In tal modo riusciremo ad arrivare sempre più in alto. Dieci unità di energia però sembrano poche; e in effetti, lo sono. Dovremo pertanto assorbire una terza forma di energia, la più semplice: l’albero, simile nella forma a un abete molto stilizzato, che costituisce una singola unità di energia.
La Sentinella però, è il caso di dirlo, non resta certo a guardare. Tutto ciò che cade sotto il suo sguardo, man mano che essa ruota dall’alto del suo “trono”, viene assorbito e ridotto a un albero nel caso in cui sia composto da più di un’unità di energia. Ciò significa che se la Sentinella dovesse vedere un robot o un macigno, essi verranno trasformati in alberi e l’energia da essi ricavata verrà spesa per piazzare casualmente altri alberi sul paesaggio, in quanto solo noi possiamo accumulare energia. La Sentinella, inoltre, fa volentieri un’eccezione a questo principio se riesce a vedere il robot comandato da noi: farà in modo di assorbirne tutta l’energia, dopo cinque secondi di “preavviso”. Se non riusciamo a trasferirci prima che la nostra energia arrivi a zero, è Game Over. Non ci resta quindi che studiare i movimenti della Sentinella per ogni paesaggio, cercando di capire dove essa si trovi e se ruoti in senso orario o antiorario, evitando quindi di farci scoprire mentre procediamo verso l’alto. Stiamo quindi, in un certo senso, giocando a nascondino.
La Sentinella a volte si fa aiutare da esseri simili ad essa, ma più piccoli e posti a livelli più bassi. Sono le Vedette, per le quali valgono le stesse considerazioni fatte prima a proposito della “sorella maggiore”. Composte da tre unità di energia, le Vedette possono essere assorbite dal giocatore, ma ciò non è necessario per risolvere il livello. In ogni paesaggio possono trovarsi da zero a sette Vedette, le quali possono ruotare nello stesso senso della Sentinella o in senso opposto. Capire in quale senso ruotano i nostri nemici è infatti essenziale per pianificare una strategia di spostamento efficace.
Se poi la Sentinella o una Vedetta ci notassero, ma non riuscissero a vedere la casella sulla quale ci troviamo, avrebbero un diabolico asso nella manica per costringerci a venire fuori. Possono temporaneamente trasformare un albero vicino a noi in un Meanie, un essere maligno che ruota verso di noi emettendo un suono cupo. Se il Meanie ci vede, andremo automaticamente in iperspazio, cioè saremo costretti a trasferirci forzatamente in un robot creato per l’occasione in un punto casuale della mappa, a un livello pari o inferiore in altezza a quello precedente. Possiamo anche andare in iperspazio volontariamente premendo H per sottrarci a una situazione senza scampo, posto però che abbiamo energia a sufficienza; se abbiamo meno di tre unità – la quantità, lo ricordiamo, necessaria a creare un nuovo robot – la nostra energia andrà a zero e avremo perso.
Assieme alle situazioni in cui spostandoci dal raggio d’azione di un nemico andiamo a cadere in quello di un altro, per cui comincia una corsa frenetica alla creazione di un robot il più lontano possibile dalla nostra casella attuale mentre l’energia cala inesorabilmente, la minaccia del Meanie costituisce uno dei momenti più emozionanti di The Sentinel. Sono fasi di gioco in cui il ritmo lento e meditativo dell’esplorazione lascia il posto all’angoscia e al senso di claustrofobia, specie laddove ci troviamo incanalati in un canyon o in una valle con poche o nessuna possibilità di uscita, sotto lo sguardo spietato della Sentinella o delle Vedette, nonché al desiderio pressante di fuga, acuito dal “bip” sonoro che segnala ogni unità di energia persa.
Dal momento che la Sentinella occupa il punto più alto, per poterne vedere la base dobbiamo posizionare il nostro robot almeno su un masso, se non di più. Per passare a un nuovo paesaggio dobbiamo non solo assorbire la Sentinella (guadagnando quattro unità di energia) ma creare un robot al suo posto, trasferirci in esso e andare in iperspazio. Ogni unità di energia che avremo a disposizione dopo di ciò ci permetterà di avanzare di un paesaggio. Per esempio, se alla fine del paesaggio 0 ci troveremo al posto della Sentinella con 15 unità di energia, ne spenderemo tre per andare in iperspazio, per cui alla fine il gioco ci darà il codice per il paesaggio numero 12 (15-3). Inoltre, per impedirci di “giocare sporco” mettendoci ad assorbire alberi a destra e a manca dal picco più alto, una volta sconfitta la Sentinella il gioco blocca la nostra capacità di assorbimento. Possiamo solo creare oggetti e/o usare l’iperspazio. Perché mai, però, dovremmo spendere energia prima di lasciare un paesaggio? Il fatto è che la difficoltà dei paesaggi non è consequenziale. Potremmo ritrovarci in un paesaggio ben più arduo di quello precedente, e, se siamo davvero disperati, dovremmo risolvere nuovamente quello di prima avendo cura di lasciare dietro di noi dell’energia, in modo da ottenere un codice per un livello differente.
ASPETTI TECNICI
La raffinatezza con cui The Sentinel è stato portato sullo Spectrum comincia a trasparire già dalla scritta scorrevole in alto allo schermo che compare, cambiando colore, invitando l’utente a scegliere un metodo di controllo per il gioco. La particolarità di questa scritta è che essa attraversa anche lo spazio del bordo, il quale normalmente sullo Spectrum non può essere utilizzato. Questo, però, è solo un assaggio del miracolo di programmazione compiuto da Mike Follin nella sua conversione dell’originale di Crammond.
La visualizzazione del paesaggio è stata resa con l’alta risoluzione bicromatica dello Spectrum attraverso uno schema bianco/grigio/nero che rende efficacemente il senso della spazialità. Ogni oggetto è chiaramente distinguibile anche a grandi distanze e questo rende anche più semplice orientare il mirino. Nel complesso l’effetto risulta convincente e dà concretamente l’illusione di trovarsi in uno spazio a tre dimensioni. Se la combinazione di colori iniziale non ci aggrada possiamo cambiarla premendo V.
Il sonoro si limita a pochi ma importanti segnali: un breve suono per segnalare la rotazione della Sentinella o di una Vedetta, l’assorbimento o la creazione di un oggetto, l’allarme per indicare che siamo sotto tiro o che un albero nelle vicinanze sta per trasformarsi in un Meanie – il quale ruota verso di noi emettendo una specie di brontolìo. Brevi intermezzi musicali scandiscono i momenti salienti della partita, come lo spostamento, l’iperspazio, la sconfitta o la vittoria.
Le critiche che si potrebbero muovere a questa versione per Spectrum riguardano soprattutto la velocità e la fluidità del gioco: la renderizzazione del paesaggio all’inizio della partita e gli spostamenti del nostro robot causano dei “black out” di alcuni secondi, mentre lo “scrolling” del paesaggio non avviene in maniera continua ma a scatti, cosa ancora più evidente quando il mirino è attivo. Oltre a ciò, il gioco per la sua stessa natura potrebbe facilmente non piacere al “giocatore casuale”, in quanto richiede decisioni ponderate e un non indifferente senso dell’orientamento. La meccanica di gioco è spesso piuttosto lenta e alterna lunghe fasi di studio a momenti di attività frenetica, specie nei paesaggi in cui sono presenti una o più Vedette. È chiaro che chi si stanca di vedere la stessa situazione visualizzata sullo schermo per più di tre secondi non potrà apprezzare le sottigliezze di questo titolo così fuori dagli schemi.
Fatte salve le sue (poche) limitazioni, The Sentinel a distanza di più di 20 anni rimane una pietra miliare nella storia dei videogiochi per la sua assoluta originalità e genialità, tant’è che nel 1998 la Psygnosis ne ha pubblicato un rifacimento programmato dalla Hookstone e intitolato Sentinel Returns. C’è da dire però che questa nuova incarnazione è stata deliberatamente pensata per un’utenza molto più “casual”: l’azione è decisamente più rapida, i paesaggi sono meno estesi e hanno meno livelli di altezza rispetto a quelli dell’originale e le Vedette sono spesso limitate a due o tre presenze. Senza contare che il numero di paesaggi è stato ridotto a 651. |
|
|
|
|