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1982-2012: 30 anni di Spectrum
Redattore:   Alessandro 'Caporale Jonlan' Grussu                          Pubblicato il:   23/04/2012
Un profilo storico dello Spectrum, il computer ideato da Clive Sinclair che ha portato la "rivoluzione informatica" e l'intrattenimento videoludico nelle case di milioni di persone.
23 aprile 1982: Clive Sinclair, prolifico inventore inglese, annuncia ufficialmente il lancio sul mercato del suo nuovo home computer, lo ZX Spectrum. Forte del successo delle due macchine precedenti, lo ZX80 e lo ZX81, il nuovo prodotto di Sinclair è assai più evoluto di esse ed è destinato non solo agli appassionati di elettronica ma ad un pubblico generale, attratto sia dalle possibilità offerte che dal prezzo ben più basso dei suoi concorrenti: solamente 125 sterline per il modello base a 16K di RAM, 175 per il modello avanzato a 48K. È l'inizio di una storia che, tra alti e bassi, si concluderà undici anni più tardi per "entrare nella leggenda".


LA MENTE DIETRO LA MACCHINA

"Nessuno può mettere in dubbio il fatto che Sir Clive Sinclair abbia creato da solo il mercato britannico degli home computer."
(John Gilbert, Sinclair bows out: the life of Clive, in Sinclair User #51, giugno 1986)

Nato il 30 luglio 1940 nei pressi di Richmond nel Surrey (Gran Bretagna), Clive Maples Sinclair discende da una famiglia di ingegneri, ma dopo il diploma di scuola superiore decide di non andare all'università, certo della possibilità di poter imparare da sé ciò che gli interessa. Comincia così a lavorare nel campo dei radioricevitori miniaturizzati, fondando la sua prima impresa, la Sinclair Radionics, già nel 1961. Sinclair ottiene un buon successo con la fabbricazione e la vendita di vari prodotti, tra cui spiccano la mini-radio Micromatic, venduta sia già assemblata che in kit da montare, per i più esperti - formula che ricorrerà più volte, fino agli ZX80 e ZX81, nella strategia di marketing di Sinclair - e il sistema di amplificazione hi-fi Project 60.

Nei primi anni '70 Sinclair si distingue ancora dalla concorrenza, continuando a seguire la filosofia del "piccolo è bello", ideando una vasta gamma di calcolatori tascabili, più economici e meno ingombranti dei primi modelli di origine giapponese apparsi già all'inizio del decennio. La prima serie fu quella degli Executive, il cui primo modello, lanciato nel giugno 1972, aveva caratteristiche rivoluzionarie per l'epoca: le sue dimensioni erano di 56 x 138 x 9 millimetri e pesava soli 71 grammi. Ad esso avrebbero fatto seguito altre serie, tra cui calcolatori più avanzati per uso scientifico e calcolatori programmabili, fino al Sovereign, il modello "top" uscito nel 1977.

Altri progetti, ancora più ambiziosi, ebbero però meno successo o sfociarono in fiaschi clamorosi. I microtelevisori Microvision TV-1, dotati di uno schermo da soli 2 pollici, di una batteria ricaricabile incorporata e in grado di funzionare sia con lo standard PAL che con quello NTSC, furono ostacolati dagli elevati costi di fabbricazione, che resero necessario aumentarne il prezzo sul mercato, con un conseguente impatto negativo sulle vendite. Ancor peggio andò con l'orologio digitale da polso Black Watch, lanciato nel settembre 1975, che si rivelò un autentico disastro a causa di un'impressionante serie di difetti di progettazione e di fabbricazione - dal maldestro assemblaggio dei componenti, alla brevissima (soli dieci giorni!) durata delle batterie, all'influenza della temperatura esterna sull'oscillazione del quarzo interno, per cui l'orologio andava più veloce o più lento a seconda di essa.

L'insuccesso del Black Watch e i poco incoraggianti risultati dei Microvision causarono enormi perdite finanziarie a Sinclair, il quale dovette, assai controvoglia, accettare l'aiuto statale del National Enterprise Board, ente pubblico creato dal governo laburista di Harold Wilson per gestire le partecipazioni statali nell'industria britannica. Politicamente vicino al partito conservatore, Sinclair cercò ben presto di svincolarsi da quella che considerava una tutela soffocante e decise di ripartire da zero fondando nel 1977 una nuova società, la Science of Cambridge Ltd, prosecuzione di una società parallela, la Ablesdeal Ltd, da lui creata quattro anni prima. Nel 1979 Sinclair si sarebbe definitivamente sganciato dalla Sinclair Radionics, che sarebbe rimasta al NEB (con quasi 8 milioni di sterline di perdita!), dietro ricevimento di 10.000 sterline.

Con la Science of Cambridge, circondato da un manipolo di fidati collaboratori - tra i quali un giovane tecnico e designer, Chris Curry, che lavorava per lui dai tempi del Micromatic -, Sinclair cominciò a rivolgere i suoi sforzi verso la nascente industria informatica. Alla fine degli anni '70 i computer erano viste dalla grande maggioranza delle persone, non solo profane ma anche appassionate di microelettronica, come enormi, ingombranti e costosissimi macchinari destinati per lo più ad applicazioni scientifiche e militari. Sinclair ebbe l'idea di applicare il principio del "piccolo e bello" anche a questo settore produttivo, puntando inizialmente al pubblico più avvertito in materia. Nacque così, alla fine del 1977, lo MK (Microcomputer Kit) 14, un semplicissimo calcolatore programmabile venduto in kit di montaggio a 39,95 sterline. Va detto che Sinclair non credeva molto nella possibilità di ottenere un grande successo con questo apparecchio, che titeneva una parentesi di basso profilo nell'attesa di intraprendere nuovamente progetti a lui più cari come i microtelevisori. Tuttavia, l'insperata affermazione dello MK14 - ne furono venduti più di 50.000! - lo spinse a riconsiderare la questione e a mettere in conto la possibilità di immettere sul mercato un vero e proprio computer da casa, basato sul processore Z80 della Zilog, la casa californiana fondata dall'italiano Federico Faggin, il "padre" dei microprocessori. Curry, che invece desiderava sviluppare ulteriormente lo MK14, entrò in conflitto con Sinclair e lo abbandonò, fondando assieme a un amico, il ricercatore di fisica di origine austriaca Hermann Hauser, la Cambridge Processor Unit Ltd, che nel marzo 1979 assunse il nome, destinato a diventare famoso, di Acorn Computers Ltd. Sinclair vide la defezione di Curry come un vero e proprio tradimento, e il malanimo che ne derivò rese particolarmente aspra la competizione tra lui e il suo ex collaboratore.


GLI "ANTENATI": LO ZX80 E LO ZX81

Le nuove direttive trovarono una realizzazione in quello che fu il primo vero computer di casa Sinclair, lo ZX80, disegnato da Jim Westwood, uno dei suoi più fedeli collaboratori. Malgrado si trattasse di una macchina dalle caratteristiche minimali - un solo Kb di RAM e 4 di ROM, mancanza di un circuito e di una RAM dedicati al video -, essa di fatto riempiva uno spazio fino a quel momento non occupato da alcun prodotto, dal momento che gli home computer del tempo avevano costi e ingombri di gran lunga superiori. Lo ZX80 era il primo vero computer a basso costo per utenti desiderosi di apprendere come funzionassero tali macchine. Nonostante i suoi limiti oggettivi ne impedissero un uso poco più che didattico, lo ZX80 fu una scommessa vinta. Immesso sul mercato a 99,95 sterline già assemblato e a 79,95 in kit di montaggio, lo ZX80 eclissò il successo dello MK14, vendendo, fino al termine della sua produzione nell'agosto 1981, più di 100.000 unità, il 60% delle quali destinato all'esportazione.

La strada intrapresa da Sinclair si stava dimostrando quella giusta, e, sempre nel 1981, apparve il successore dello ZX80, lo ZX81. Questa macchina, sviluppata largamente sulla base della precedente, aveva le sue radici nel tentativo di Sinclair di rispondere alla richiesta avanzata pubblicamente nel dicembre 1980 dalla British Broadcasting Corporation (BBC), la celebre TV nazionale britannica, di un computer economico e facile da usare, per una serie di trasmissioni televisive legate a un grandioso progetto di alfabetizzazione informatica portato avanti dal governo. Il nuovo computer sarebbe stato inoltre commercializzato sotto il nome della BBC, il che avrebbe comportato un appoggio finanziario e pubblicitario di incomparabile entità. Sinclair, allora il maggior produttore europeo di home computer, non poteva non scorgere l'enorme potenzialità di una tale opportunità e decise di perfezionare lo ZX80 in tempo utile per presentare alla BBC un prodotto capace di soddisfarne le richieste. Fu così che nel gennaio del 1981 egli mostrò ai tecnici della BBC il prototipo dello ZX81. Sfortunatamente per lui, la scelta cadde sullo Acorn Proton di Chris Curry, derivato anch'esso da una macchina precedente (lo Atom), malgrado il suo prezzo iniziale stabilito fosse di 235 sterline contro le 110 indicate da Sinclair per lo ZX81. Il Proton sarebbe quindi entrato in produzione come BBC Micro.

Nonostante lo smacco subito, Sinclair non si perse d'animo e nel marzo 1981 lo ZX81 entrò in commercio, facendo ancora una volta dell'economicità e della semplicità d'utilizzo il proprio atout. Come per lo ZX80 il prezzo di lancio fu di sole 99,95 sterline contro, ad esempio, i quasi 300 dollari americani del VIC-20, ben più performante dal punto di vista della grafica e del sonoro (lo ZX81 non produceva né suoni né immagini a colori!), ma meno flessibile in quanto a interprete BASIC e a connettività. Lo ZX81 infatti, come la macchina precedente e il successivo Spectrum, adottava sì i comuni nastri in Compact Cassette come memoria di massa principale, ma essi potevano essere utilizzati tramite un qualsiasi comunissimo registratore audio, al contrario dei computer di casa Commodore, che richiedevano l'acquisto dell'apparecchio dedicato Datassette.

Molto più dello ZX80, lo ZX81 fece registrare un clamoroso successo. Nei primi 10 mesi dal lancio ne vennero venduti 300.000 solo per corrispondenza, più altri 700.000 come vendita diretta. Quando la produzione cessò per dare spazio allo Spectrum, gli ZX81 in circolazione erano circa 1 milione e mezzo. Emblematicamente, lo ZX81 fu il primo computer europeo a venire prodotto su licenza negli Stati Uniti, precisamente dalla Timex Corporation, la quale, in base a una joint-venture con l'azienda di Sinclair - nel frattempo ribattezzata Sinclair Research Ltd - produsse due versioni modificate della macchina, i Timex Sinclair 1000 e 1500. I tempi erano ormai maturi per un salto di qualità.


UNA PARTENZA BRUCIANTE

All'inizio del 1982 partono le sperimentazioni del nuovo home computer di Sinclair, la cui intenzione è di fornire all'"uomo della strada" un oggetto che, a differenza dei precenti, sia anche di utilità pratica e non solo uno strumento per imparare cosa è un computer e quali potenzialità possa offrire, pur mantenendo un prezzo appetibile, inferiore alle 200 sterline. Lo ZX82 - nome in codice del progetto - viene sviluppato da un team di ingengneri, programmatori e designer: tra gli altri, Steve Vickers codifica il sistema operativo e il Sinclair BASIC, una versione potenziata di quello dello ZX81, mentre Rick Dickinson e Richard Altwasser si occupano dell'aspetto fisico della macchina.

Il 23 aprile 1982 Sinclair presenta ufficialmente il suo nuovo prodotto - lo ZX Spectrum. Queste le caratteristiche tecniche principali:
  • processore Zilog Z80A a 3.5 Mhz;
  • 16K ROM;
  • 16K o 48K RAM;
  • alta risoluzione a 256 x 192 pixel;
  • bassa risoluzione in una griglia di 32 x 24 quadrati di 64 (8x8) pixel ciascuno;
  • 15 colori in totale: blu, rosso, magenta, verde, ciano, giallo, bianco, ognuno di essi configurabile a luminosità normale o alta, più il nero;
  • tastiera a membrana con 40 elementi in gomma;
  • altoparlante interno da 40 Ohm a un solo canale.
A corredo dello Spectrum sono lanciate anche la Interface I e i Microdrive, piccoli e veloci supporti di memoria di massa funzionanti con apposite cartucce di nastro ad anello. I Microdrive, semplici e abbastanza affidabili, sono la risposta di Sinclair alla necessità di un supporto per immagazzinare i dati più rapido e più efficiente delle cassette. Allora non era ancora ben chiaro quale direzione avrebbero preso le memorie di massa "avanzate"; numerose strade erano aperte. L'evoluzione tecnologica però non darà ragione a Sinclair, e negli anni seguenti spunteranno numerose periferiche di terze parti, dal Rotronics Wafadrive al Disciple, funzionanti con altri supporti quali i dischi da 5 pollici e un quarto, che si affermeranno definitivamente nel corso del decennio. I Microdrive rimarranno invece un prodotto di nicchia.

Lo Spectrum deve immediatamente confrontarsi con un'agguerrita concorrenza, costituita principalmente da macchine quali il già ricordato BBC Micro, il Texas Instruments TI-99/4A, gli Atari XL 400 e 800 o il Commodore VIC 20 - al quale, nell'agosto del 1982, si affiancherà il "rivale" storico dello Spectrum, il Commodore 64. Il nuovo "parto" di Sinclair e del suo gruppo non è infatti esente da difetti. La necessità di contenere i costi il più possibile per mantenere un prezzo di lancio notevolmente inferiore nel segmento degli home computer - 125 sterline per la versione a 16K di RAM e 175 per quella a 48K - sta alla base di alcune scelte di design che, se in un primo momento appaiono quantomeno discutibili, vengono in seguito meno considerate quando lo Spectrum si rivela, in breve tempo, una macchina flessibile, relativamente facile da programmare e sostenuta da un parco di titoli software estremamente vasto per quantità e qualità, dando vita a un'intera generazione di "programmatori casalinghi".

I bersagli ricorrenti delle prime critiche allo Spectrum sono soprattutto i seguenti:
  • il display, pur essendo facile da impostare paradossalmente proprio grazie alla mancanza di sprite hardware, permette solamente due colori per ciascuno dei quadrati della griglia in bassa risoluzione. Ne consegue una limitazione, nel movimento degli oggetti sullo schermo, che fa sì che questi assumano colori diversi a seconda della zona dove si trovano. Si tratta del famigerato color clash, il quale, seppure limitato negli effetti dai programmatori più abili, costituirà una caratteristica ineliminabile per tutto l'arco della vita commerciale dello Spectrum;
  • i tasti in gomma non consentono un feedback adeguato durante la battitura, e come se ciò non fosse abbastanza, le membrane sottostanti sono di qualità non eccezionale e tendono a rompersi con l'uso intenso;
  • la mancanza di dettagli quali un chip sonoro dedicato, che limita l'audio di base a un beeper monofonico (tecniche di "falsa" polifonia sono possibili solo programmando il computer direttamente in linguaggio macchina) o di un interruttore per l'alimentazione.
Dalla sua parte però lo Spectrum può contare su una larga base di potenziali utenti, grazie alla strada già aperta dai suoi due predecessori, e conseguentemente da una nascente industria del software ben disposta a credere nel progetto di Sinclair. L'interprete BASIC è rigoroso e semplice da utilizzare; i comandi e le funzioni sono digitabili immediatamente tramite un complesso di parole chiave, mutuato dagli ZX80 e 81 sempre allo scopo di risparmiare il più possibile sulla ROM. Esso viene reso più efficiente da un sistema di controllo interno, in virtù del quale non solo è possibile evitare errori di battitura nella scrittura delle linee BASIC, ma laddove vi sono incongruenze nella sintassi, esse vengono prontamente segnalate, mentre i numerosi messaggi di errore, ciascuno legato a una situazione particolare, rendono più agevole all'utente individuare e risolvere i problemi nella programmazione. Per quanto riguarda il linguaggio macchina, poi, la presenza di un processore affidabile e popolare come lo Z80 - peraltro in una versione leggermente riveduta, lo Z80A - non può che essere un punto di forza per l'affermazione dello Spectrum sul mercato.

I primi mesi di vita dello Spectrum non sono facili; ciò, per quanto possa sembrare paradossale, avviene proprio a causa della risposta vivamente positiva del pubblico. Sinclair non riesce a far fronte alla domanda, e la produzione di partenza di 20.000 macchine al mese risulta insufficiente a coprire le richieste, per cui si rende necessario licenziare la produzione ad altri impianti in territorio britannico. A un anno dal lancio si vendono, nella sola Gran Bretagna, ben 15.000 Spectrum a settimana (!), mercé anche la discesa del prezzo del 48K a 129 sterline.

Nell'ottobre 1984, inoltre, la prima ondata dello Spectrum, per così dire, tocca la riva. Messo definitivamente fuori produzione il vecchio e ormai inadeguato 16K, viene ridisegnato il 48K, intervenendo su quello che era stato il principale oggetto delle critiche: la tastiera. Nasce così lo Spectrum +, un 48K dotato di un nuovo case più grande del precedente e di una tastiera sempre a membrana, ma più resistente e con gli elementi in plastica.

Tra il 1982 e il 1985 lo Spectrum vende circa 5 milioni di esemplari, incontrando particolare successo, oltre che in patria, in paesi quali Spagna, Portogallo, Irlanda, Francia e Grecia. In Germania e Italia dovette fare i conti con una forte presenza Commodore, che divenne soverchiante dopo il 1985, mentre nel Nord Europa il suo impatto fu ancora più circoscritto. Al di fuori del continente di origine si affermò con decisione in Sudamerica, specialmente in Brasile, Uruguay e Argentina, e in India. Negli Stati Uniti la versione locale prodotta dalla Timex, il TS2068, venne parzialmente modificata nella componentistica, causando gravi problemi di compatibilità col parco software già disponibile. In un mercato difficile come quello statunitense, già dominato dalla capillare penetrazione della Commodore, una simile scelta si rivelò un suicidio. La Timex Corp. fallì nella primavera del 1984, bloccando ogni ulteriore tentativo di Sinclair di farsi strada con le sue macchine negli USA. La sussidiaria portoghese della Timex restò invece attiva producendo una versione locale del 16K, il TS2048, che si affiancò con successo agli Spectrum "canonici".

Cominciava inoltre in quegli anni a prendere corpo il fenomeno dei cloni, macchine semiufficiali derivate dallo Spectrum fabbricate nella parte di Europa allora gravitante nell'orbita dell'Unione Sovietica. Spesso importati di contrabbando dall'Occidente, gli Spectrum, per il loro basso costo e la loro semplicità di utilizzo, trovarono a Est un fertile terreno di diffusione, al punto che le locali imprese nazionali di microelettronica produssero le "loro" versioni della macchina, alcune destinate a sopravvivere al loro "capostipite". Le decine di cloni dell'Europa centro-orientale, sia costruiti semiufficialmente come il Didaktik (Slovacchia) che aggirando il copyright - dallo Elwro (Polonia) allo HT3080C (Ungheria), fino al Pentagon, allo Scorpion e allo Sprinter (URSS-Russia) -, espanderanno, fino ai nostri giorni, l'influenza dello Spectrum laddove nessun altro produttore occidentale sarebbe mai potuto giungere.


LA SECONDA E DEFINITIVA CADUTA

L'imponente successo dello Spectrum è certamente visto con soddisfazione da Sinclair. Nel 1983 riceve il titolo di cavaliere per meriti industriali, divenendo quindi "Sir" Clive Sinclair, nonostante preferisca continuare a farsi chiamare semplicemente "Clive" dai suoi associati, mentre la stampa inglese lo apostrofa affettuosamente "Uncle Clive" (Zio Clive). Lo riempie d'orgoglio il fatto di aver portato l'informatica nelle case della "gente comune"; lo infastidisce invece il sapere che buona parte dell'avanzata dello Spectrum è dovuta all'utilizzo ludico. Sinclair non aveva concepito lo Spectrum come una macchina per giocare, e in effetti le sue caratteristiche tecniche concedevano ben poco, almeno da un primo sguardo immediato, all'intrattenimento elettronico.

Tuttavia sono proprio i videogiochi a fare la parte del leone nelle vendite del software per Spectrum, fortunatamente non a scapito di altri usi. Forse il principale motivo della popolarità dello Spectrum sta proprio nel suo essere un computer che, senza eccellere particolarmente in alcun campo, finisce per essere buono un po' per tutto: inventariare merci, tracciare grafici vettoriali, svolgere complesse funzioni matematiche, calcolare bioritmi e, sopra ogni altra cosa, ammazzare marziani negli shoot-em-up, saltare qua e là per lo schermo nei platform, oppure andare a caccia di tesori nelle adventure testuali. Il tutto a un costo alla portata anche di chi non naviga nell'oro.

Sia come sia, il Nostro non è tipo da dormire sugli allori. Vuole investire i considerevoli guadagni ricavati dalle vendite dello Spectrum in altri progetti, sogni che da tempo accarezza: un computer a 16 bit per l'utilizzo professionale in grado di competere con gli Apple e un veicolo a motore elettrico, un suo "pallino" dall'epoca della Sinclair Radionics. Entrambi si materializzano tra il 1984 e il 1985.

Il 12 gennaio 1984 Sinclair presenta in pompa magna il suo nuovo computer, il QL, da Quantum Leap, letteralmente "salto quantico", ma qui impiegato nel senso figurato di "salto di qualità". Contrariamente allo Spectrum, infatti, il QL non è pensato per un'utenza generica ma per le piccole e medie imprese. Progettato intorno a un processore della famiglia dei Motorola 68000 - di cui facevano parte quelli montati, per intenderci, sull'Apple Macintosh, sull'Amiga e sull'Atari ST - e dotato di 128K di RAM, il QL era stato precipitosamente immesso sul mercato da Sinclair nel tentativo di battere la concorrenza in Gran Bretagna per poi andare all'attacco dei mercati esteri, così come aveva fatto con lo Spectrum. Ma la fretta, si sa, è cattiva consigliera, e per il QL non fece eccezione.

Alla data del lancio il QL era poco più che un prototipo da offrire in visione alla stampa. Sinclair aveva successivamente cominciato a prendere ordinazioni, le quali non si erano certamente fatte attendere. A differenza di quanto era avvenuto con lo Spectrum, che nell'aprile 1982 era un prodotto finito e le cui successive revisioni non ne avevano messo in discussione le funzionalità basilari, l'incapacità della Sinclair Research Ltd di far fronte alle pressanti richieste del mercato si trasformò in una tremenda debacle, perché man mano che i QL uscivano dalle linee di produzione venivano a galla tutta una serie di gravi deficienze di fabbricazione, la cui correzione richiedeva tempo e risorse in misura non indifferente. Il firmware era piagato da numerosi bug, mentre la ROM, inizialmente di 32K, si rivelò insufficiente e i primi QL immessi sul mercato dovettero essere corredati di una scheda ROM aggiuntiva da 16K, il famigerato dongle, da inserire sul retro della macchina. Oltre a ciò, Sinclair aveva previsto come memoria di massa per il QL le cartucce Microdrive, le quali potevano andar bene nel 1982, ma nel 1984, con l'incipiente affermazione dei dischi da 5 pollici e un quarto, apparivano ormai inadeguate agli occhi del pubblico, specialmente di quello, interessato al serious computing, che il QL doveva soddisfare. Per giunta, esse erano state revisionate rispetto a quelle utilizzate con lo Spectrum, ma senza adeguati test, presentando notevoli problemi di funzionamento.

Il "salto" che il QL doveva rappresentare si trasformò quindi in una rovinosa caduta, e a poco valsero le impressioni tutto sommato positive di coloro che furono abbastanza fortunati non solo da entrare in possesso di una di queste macchine, ma di ottenerne una funzionante. Tra di essi vi fu un ragazzo finlandese di Helsinki, che imparò proprio sul QL quelle prime nozioni di programmazione con le quali avrebbe intrapreso un cammino che, qualche anno più tardi, gli avrebbe fatto lasciare una profonda traccia nella storia dell'informatica: Linus Torvalds.

I guai del QL fecero breccia nelle certezze di Sinclair, malgrado egli si sforzasse di mantenere in pubblico una parvenza di sicurezza. Il nervosismo toccò l'apice quando, nel dicembre 1984, Sinclair andò su tutte le furie nel leggere su un giornale una pubblicità della Acorn in cui si dichiarava esplicitamente una superiore affidabilità del BBC Micro rispetto allo Spectrum, adottando come parametro le stime in percentuale di rese per difetti di fabbricazione. Sinclair uscì dal suo ufficio di Cambridge e andò a chiedere conto e ragione di ciò a Chris Curry. Trovatolo al pub Baron of Beef, lo aggredì insultandolo pesantemente e colpendolo ripetutamente col giornale arrotolato, in quella che la stampa, l'indomani, definì "the battle of the boffins" (la battaglia delle teste d'uovo). I rapporti tra i due, dopo questo episodio, sarebbero lentamente migliorati, ma il fatto testimoniava il serpeggiare in Sinclair di una tensione in quel periodo ineludibile.

Sinclair non avrebbe comunque fatto in tempo a rialzarsi che, sempre con le migliori intenzioni - delle quali, come dimostra ancora una volta quello che stiamo per vedere, è lastricata la strada dell'inferno -, si sarebbe imbarcato in un'impresa ancora più avveniristica, i cui esiti sarebbero stati talmente fallimentari da assestargli, in brevissimo tempo, il KO definitivo ed estrometterlo una volta per tutte dall'arena dei produttori di home computer. Arena nella quale, è bene ricordarlo, era entrato senza crederci troppo.

Fin dall'inizio della sua attività imprenditoriale, Sinclair si era interessato al problema del traffico cittadino, e dalla prima metà degli anni '70 aveva considerato seriamente la possibilità di produrre un mezzo di trasporto facile da guidare, non inquinante e abbastanza agile da muoversi senza impaccio tra le automobili. Quando, forte del successo dello Spectrum, ritenne giunto il momento di tradurre nella realtà tali aspirazioni, diede vita al C5, destinato a passare alla storia come la sua mossa peggiore di sempre.

Come il QL, sulla carta il C5 sembrava tutt'altro che destinato alla sconfitta. Si trattava di un triciclo elettrico, dotato di un motore prodotto dall'italiana Polymotor e assemblato dalla Hoover, comandato attraverso un manubrio posto sotto le gambe del guidatore e con una carrozzeria in polipropilene in un solo pezzo. Poteva raggiungere una velocità di sole 15 miglia (poco più di 40 km) all'ora, poiché un valore superiore avrebbe richiesto la guida con patente. La batteria era al piombo, da 12V e 36Ah, la cui autonomia non era specificata - ma nel caso in cui si fosse scaricata durante la guida, il tragitto si sarebbe potuto concludere lo stesso, grazie a degli appositi pedali!

Nel corso della prima messa su strada alla presenza della stampa, l'11 gennaio 1985 - quasi un anno esatto dopo il lancio del QL -, il C5 palesò invece tutti i limiti che ne avrebbero presto fatto l'oggetto di feroci critiche e di pesante derisione, con un'ostilità non sempre del tutto giustificata. Già il fatto di effettuare il test drive pubblico in pieno inverno, in condizioni di freddo, pioggia e strade ghiacciate, si rivelò controproducente. La batteria si scaricava con facilità, in particolare alle basse temperature. L'abitacolo offriva ben poca protezione dagli agenti atmosferici. Il motore arrancava in salita, e la mancanza di marce certamente non aiutava. Quello che però impressionò più negativamente fu la percezione di un veicolo che proprio a causa delle sue ridotte dimensioni trasmetteva ben poca sicurezza al guidatore immerso nel flusso delle affollate strade delle grandi città inglesi. All'estero, se possibile, la ricezione del C5 fu ancora peggiore, se si pensa che nei Paesi Bassi, dove la natura pianeggiante del terreno e la presenza di numerose piste ciclabili avrebbero potuto valorizzare le doti del veicolo, esso fu bandito dall'importazione per motivi di sicurezza.

Ridicolizzato dai media, bollato come l'assurda invenzione di uno scienziato pazzo, il C5 arrecò un tremendo danno sia economico che d'immagine a Sinclair, distruggendo una reputazione faticosamente edificata negli anni precedenti. Non fu oggetto di meraviglia, pertanto, la notizia che il 13 agosto di quell'anno, a soli otto mesi dalla presentazione ufficiale, la produzione del C5 cessò. Solo 17.000 ne furono venduti in totale; migliaia di esemplari restarono nei magazzini per diventare in seguito oggetti da collezione, tuttora altamente ricercati per via della loro rarità.


DAL RIMEDIO TARDIVO AL PASSAGGIO DI CONSEGNE

"Dopo sei anni, Clive Sinclair ha lasciato il mercato degli home computer."
(Editoriale di Graeme Kidd in Crash #28, maggio 1986)

Nel giugno 1985 la Sinclair Research è "sotto" di ben 15 milioni di sterline, senza contare i 6,4 milioni di debiti della consociata Sinclair Vehicles Ltd, creata appositamente per gestire la linea di veicoli elettrici di cui il C5 sarebbe dovuto essere il primo modello, seguito dal C10 e C15, i quali resteranno poco più che una vaga intenzione. Sinclair cerca di salvare il suo gruppo in vari modi, ma senza risultato. Dapprima si rivolge al magnate dell'editoria Robert Maxwell; questi, dopo una serie di colloqui con Sinclair, si dice inizialmente disposto ad acquisire la Sinclair Research, per poi abbandonare l'idea il 9 agosto.

Successivamente Sinclair si appoggia a un'azienda spagnola, la Investronica SA, per la progettazione e la produzione di un modello aggiornato di Spectrum. Egli ritiene che in un così grave momento sia preferibile puntare sul sicuro, invece di intraprendere altre nuove strade potenzialmente fallimentari, e che la soluzione possa quindi risiedere in una nuova versione del suo "cavallo di battaglia", da sviluppare parzialmente all'esterno per tagliare i costi.

Nasce così in Spagna, nel settembre 1985, lo Spectrum 128. Per molti versi, si tratta di un computer ricco di caratteristiche interessanti, le quali, col senno di poi, sarebbero risultate preferibili già nel 1982, non foss'altro che per la determinazione di Sinclair di mantenere il prezzo di lancio al di sotto delle 200 sterline. Lo Spectrum 128 è posto in un case simile a quello del +, ma se ne differenzia - oltre che per la maggior quantità di memoria RAM - per la presenza di un dissipatore di calore esterno posto sul lato destro, il che guadagnerà alla macchina il soprannome colloquiale di toastrack ("tostapane a piastra"), nonché di vari ingressi (MIDI, RS232, tastierino numerico opzionale), un'uscita video RGB, un chip sonoro a tre voci, il popolare AY-3-8912, e (finalmente!) un pulsante di reset. Il BASIC era inoltre stato ridisegnato da Rupert Goodwins, con un menù di avvio al posto della tradizionale scritta "© 1982 Sinclair Research Ltd", comprendente anche un modo calcolatore e un'utilità per testare l'azimut della testina del registratore, e con l'abolizione delle vecchie modalità del cursore, sostituite da una più convenzionale digitazione letterale dei comandi. Il 128 perciò rappresentava quanto di meglio si potesse ricavare, a quell'epoca, dalla tecnologia ormai obsolescente alla base dello Spectrum.

Ancora una volta, però, un altro errore di valutazione da parte di Sinclair fece sì che le cose andassero nella direzione opposta rispetto a quella voluta. Invece di approfittare della stagione natalizia, tradizionalmente fruttuosa per le vendite di sistemi informatici casalinghi, Sinclair, per non ostacolare le vendite dello Spectrum +, di cui ancora occorreva smaltire forti quantitativi rimasti sugli scaffali dei negozi, fece slittare il lancio sul mercato britannico a gennaio del 1986, ossia in un periodo "morto" per tale genere di commercio. Il risultato fu che il nuovo computer fece registrare scarsi volumi di acquisto, in parte dovuti pure al prezzo non propriamente allettante (179,95 sterline).

Era la fine. La Sinclair Research stava naufragando in mezzo ai debiti, e stavolta non ci sarebbe stato nessun ente statale in grado di evitarne il crollo. Per la qual cosa, quando il suo concorrente Alan Sugar gli tese la mano e gli offerse di comprare tutti i diritti sui computer Sinclair, compresi nomi e loghi, presenti e futuri per 5 milioni di sterline, il Nostro non potè che accettare.

Nel 1986 Alan Michael Sugar è un uomo d'affari trentanovenne venuto su praticamente dal nulla: partito vendendo cavi elettrici agli angoli delle strade negli anni in cui Sinclair faceva fortuna con i suoi micro-radioricevitori, fonda nel 1968 la Alan Michael Sugar Trading, più nota come Amstrad. Dai suoi esordi, Sugar agisce su una linea diametralmente opposta a quella di Sinclair. Laddove questi punta sull'innovazione in termini di prestazioni e di design, Sugar produce elettronica di consumo di fascia bassa; in particolare, proprio nel campo degli hi-fi su cui Sinclair basa le sue prime fortune, si limita ad apporre il marchio Amstrad su amplificatori e sintonizzatori stereo di basso prezzo (e di ancor più bassa qualità), prodotti a Hong Kong e a Taiwan. Il 1984 è l'anno in cui l'Amstrad fa il suo ingresso nel mercato degli home computer, lanciando il suo CPC (Color Personal Computer) 464 in Gran Bretagna, Francia, Australia, Nuova Zelanda, Germania, Spagna e Italia. Al 464 seguiranno dei modelli potenziati e riveduti, i CPC 664 e 6128. Tuttavia, nella contesa tra lo Spectrum e il C64, il CPC non riuscirà a giocare un ruolo di "terzo incomodo", tranne che in paesi come la Francia o la Spagna - dove però non scalzerà il primato dello Spectrum - o in Germania, ove il C64 resterà egemone fino all'avvento dell'Amiga.

Stando così le cose, Sugar non si sarebbe certo fatto scappare la ghiotta occasione di mettere fuori gioco il suo più pericoloso avversario, che da solo, nonostante gli "scivoloni" del biennio 1984-85, ancora dominava da una posizione di maggioranza - il 40% - il mercato britannico degli home computer. All'inizio del 1986 Sugar viene contattato telefonicamente nel suo ufficio di Kowloon (Hong Kong), durante una delle sue frequenti visite in Oriente, da alcuni rappresentanti della catena Dixons, specializzata nella grande distribuzione di elettronica di consumo, apprendendo da costoro della proposta di vendita da parte di Sinclair. I due uomini s'incontrano per la prima volta al ristorante della stazione di Liverpool Street a Londra. Malgrado i loro diversissimi approcci, la conversazione tra i due procede cordialmente: da un lato Sinclair apprezza il senso pratico di Sugar, mentre questi accoglie con sollievo la volontà del suo concorrente, una figura fin troppo ingombrante, di restare indipendente. Vero è che nel corso del loro incontro essi contemplarono la possibilità di unire comunque le loro forze, ma, come spiegò lo stesso Sinclair in seguito, "non avrebbe funzionato, perché abbiamo due personalità troppo indipendenti... In fin dei conti la differenza è questa: Alan fabbrica prodotti per fare soldi, mentre io faccio soldi per fabbricare prodotti" (citato in: David Thomas, Alan Sugar: The Amstrad Story, Century 1990, p. 206).

L'accordo viene così siglato il 7 aprile del 1986. Come già ricordato, Sinclair cedette a Sugar i diritti su tutti gli home computer Sinclair presenti e futuri, comprendenti sia lo hardware che il firmware, assieme allo storico logo. L'aspetto economico fu valutato in 5 milioni di sterline per la sola acquisizione, più altri 11 milioni per lo sviluppo di nuovi progetti. Da allora Sinclair non si avventurerà più in imprese di largo respiro: la sua nuova società, la Cambridge Computers, si distinguerà per lo Z88, una piccola macchina da ufficio dotata di schermo a cristalli liquidi, progettata e costruita facendo tesoro del disastro del QL e che sarà accolta positivamente dal mercato e dalla stampa specializzata, contribuendo a far risalire le quotazioni dell'immagine di Sinclair presso il pubblico. Da quel 7 aprile, comunque, le strade di Clive Sinclair e della sua creatura più riuscita e apprezzata, lo Spectrum, si separano per sempre.


SUL VIALE DEL TRAMONTO

Gli affari avevano decisamente avuto la meglio sull'innovazione, in nome del principio, sempre adottato da Sugar, secondo il quale un prodotto, finché andava bene al mercato, poteva pure funzionare "mosso da un elastico", senza alcun obiettivo di "ricevere premi per la miglior tecnologia". Sinclair, dal canto suo, smetteva di appassionarsi ai suoi stessi prodotti proprio nel momento in cui il loro buon esito commerciale li rendeva beni di massa: "Personalmente non amo controllare un'impresa che fabbrica prodotti di consumo", avrebbe detto in quei giorni (The Amstrad Story cit., p. 205).

La prima mossa di Alan Sugar, una volta acquisita la Sinclair Research, fu indicativa della piega che avrebbero preso gli eventi successivi. Sugar non intendeva far concorrenza a se stesso; lo Spectrum doveva occupare, nei suoi piani, il segmento di fascia più bassa della gamma di home computer Amstrad, mentre i CPC dovevano costituire quella media. Il primo schizzo di quello che divenne lo ZX Spectrum +2 fu eseguito da un giovane designer cinese negli uffici di Kowloon su indicazioni dello stesso Sugar e del suo collaboratore Bob Watkins, proprio il giorno dopo aver ricevuto la chiamata dai rappresentanti della Dixons. Il risultato fu un computer che ricordava molto da vicino la linea del CPC 464: grosse dimensioni, tastiera semiprofessionale, registratore a cassette incorporato sul lato destro della macchina. Si trattava di una decisa dipartita dallo stile Sinclair e nel contempo un avvicinamento a quello, più convenzionale e proprio per questo più anonimo, dell'Amstrad. C'è da aggiungere che la revisione hardware dello Spectrum fu condotta con l'assistenza di Richard Altwasser, nel frattempo passato alle dipendenze di Sugar. L'esperienza di Altwasser si rivelò preziosa al fine di evitare che il nuovo Spectrum prodotto dalla Amstrad soffrisse di problemi e difetti di fabbricazione.

Lo ZX Spectrum +2 entrò in produzione nel luglio del 1986, mentre il 128 e il QL furono abbandonati del tutto. Il prezzo iniziale fu di sole 149 sterline, coerentemente con la linea di Sugar che voleva sfruttare il grosso parco titoli, soprattutto giochi, dello Spectrum per farne, come si è detto, il prodotto entry level della gamma Amstrad. Similmente alle altre macchine a 8 bit, non più al passo coi tempi e minacciate dall'apparizione dell'Amiga e dell'Atari ST, lo Spectrum sarebbe stato declassato al rango di piattaforma di intrattenimento destinata prevalentemente ai più giovani - da qui il forte numero di licenze da cartoni animati e spettacoli per bambini tipico degli ultimi anni della produzione videogiochistica per quel segmento di mercato degli home computer.

Così snaturato, lo Spectrum avrebbe irrimediabilmente perduto la sua caratteristica precipua di Ford T (o di Fiat 500 se si preferisce) dell'informatica; e ciò a dispetto del fatto che, ancora dopo l'acquisizione Amstrad, fossero uscite nuove versioni di storici applicativi di utilità, quali il word processor Tasword o il programma di grafica bidimensionale The Artist II. Le periferiche di terze parti, che andavano dalle penne ottiche al braccio robot Datel Electronics, scomparvero alla fine degli anni '80, mentre vi si affiancò una pistola ottica prodotta dal 1989 sempre dalla Amstrad, la Magnum Light Phaser. È sintomatico che una delle ultime periferiche ufficiali prodotte per lo Spectrum fosse destinata appositamente all'uso ludico, così come il fatto che il +2 e le "incarnazioni" dello Spectrum da esso derivate fossero spesso commercializzate nei cosiddetti Action Pack, comprendenti un corredo di giochi di vario genere e, in alcuni casi, la stessa pistola Magnum.

Il +2, nonostante il suo case in stile Amstrad di colore grigio, constava all'interno, quasi interamente, della stessa componentistica del 128. Solo la ROM era stata parzialmente modificata, mostrando all'avvio un menù semplificato e un avviso di copyright "Amstrad Consumer Electronics plc". Per omogeneizzare ancora di più la produzione, il +2 fu riveduto nello hardware e nell'organizzazione della ROM e del paging della RAM, lasciando spazio, nei primi mesi del 1988, al +2A. Questo computer riprendeva il tradizionale colore nero del case e differiva inoltre dal +2 in quanto montava un registratore semplificato rispetto a quello più complesso e costoso della versione precedente. Contemporaneamente, dalla ROM erano scomparse le routine di scansione del tastierino numerico. Fatto ancora più importante, la diversa gestione della RAM e la rimozione di una porta di input/output dalla ROM causarono incompatibilità tra il +2A e varie decine di giochi, tra i quali classici come Bomb Jack, Hysteria, Cyclone, Amaurote, Mikie, Fairlight, Arkanoid, Starglider e Bubble Bobble. Alcuni di essi furono ripubblicati in edizioni economiche compatibili con il nuovo Spectrum, ma molti altri restarono al di fuori della portata dei suoi utenti.

Il 1987 è invece l'anno di uscita dell'ultimo rappresentante della linea ufficiale, se si esclude una marginale revisione del +2A, il +2B. Lo ZX Spectrum +3 è essenzialmente un +2A equipaggiato con un drive floppy, incorporato al posto del registratore e comandato dal sistema operativo supplementare +3DOS. Il +3DOS ha la sua importanza nella compatibilità col CP/M (Control Process Monitor), ideato da Gary Kildall negli anni '70, che aveva conosciuto una larghissima diffusione su macchine anche di fascia ben superiore allo stesso +3. Vale la pena di ricordare che il CP/M sarebbe stato la base dello 86-DOS di Tim Paterson (1980), acquistato dalla Microsoft nel 1981, parzialmente riadattato e rivenduto come il famoso - o famigerato, a seconda dei punti di vista - MS-DOS. Con il +2A, il +3 condivideva anche i problemi di compatibilità software visti in precedenza.

Uno Spectrum dotato di drive floppy e compatible col CP/M suonava come un tentativo di ridestare un minimo di interesse da parte di un'utenza più matura. Sfortunatamente anche il +3 fu piagato da un'opzione di design insensata. Al posto dei lettori di dischi floppy da 3 pollici e mezzo, i quali si stavano allora imponendo sul mercato come lo standard di fatto in quanto adottati sia dall'Amiga che dall'Atari ST e da IBM e compatibili, all'Amstrad decisero di affiancare al +3 un drive per un formato proprietario da 3 pollici, sviluppato dalla Hitachi e già impiegato nel sistema integrato di word processing PCW. Come è facile immaginare, tale scelta provocò un diluvio di critiche dalla stampa specializzata, mentre la risposta degli utenti fu una debole reazione, che portò il +3 a uscire di produzione già nel 1990. Il +2A/B sarebbe venuto fuori dalle fabbriche Amstrad di Hong Kong e di Taiwan fino al 1993.

Sia come sia, a conti fatti appare indubbio che si deve a Sugar la sopravvivenza dello Spectrum fino alla sua definitiva scomparsa dal mercato. L'aspetto negativo di ciò è che lo Spectrum era sì sopravvissuto, ma a se stesso, condividendo con i suoi rivali a 8 bit il destino di diventare poco più che una console con tastiera. A ciò aveva senz'altro contribuito lo scarso impatto provocato dal +3 sui suoi potenziali utenti. Era chiaro che, fino a quando fosse stato legato alle logiche di mercato imposte da Sugar, lo Spectrum sarebbe rimasto chiuso entro tali angusti confini. Il ritorno a una dimensione di utilizzo più vicina a quella originaria sarebbe partito proprio da quello stesso tipo di utenza "appassionata" che ne aveva decretato, molti anni prima, il successo.


LA RIVINCITA

I fattori che determinano la prosecuzione dell'attività con lo Spectrum sono essenzialmente due. Da un lato, come s'è detto, nell'Europa centro-orientale e nell'ex URSS vengono prodotti, fino alle soglie del terzo millennio, i cloni quali la serie Didaktik e lo Sprinter. Si tratta di macchine che presentano spesso modificazioni anche parecchio incisive rispetto allo hardware originario; si notano, ad esempio, maggiore memoria RAM, modalità video alternative o periferiche di memorizzazione diverse dallo standard proprietario imposto dall'Amstrad. Queste ultime risultano particolarmente interessanti: è diffusissimo nel gruppo più numeroso di cloni, quello proveniente dalla Russia, l'impiego del sistema operativo TR-DOS per la gestione di dischi floppy standard. Originariamente programmato in Gran Bretagna dalla Technology Research, il TR-DOS si impone a Est e diventa il formato privilegiato per la diffusione di giochi (sia originali che piratati), programmi gestionali e demo che esplorano modalità visive e sonore prima inimmaginabili.

Parallelamente, e in concomitanza, grazie all'espansione della World Wide Web, tali produzioni varcano i confini delle nazioni di origine e vengono conosciute da centinaia di migliaia di utenti. Gli anni '90 sono infatti non solo quelli in cui internet entra nelle case, ma anche l'era dell'esplosione dell'emulazione e del retrogaming. Lo Spectrum, la macchina a 8 bit più diffusa nel mondo dopo il Commodore 64, può contare su una base di "nostalgici" assai ampia, persone che si sono avvicinate per la prima volta alla information technology proprio attraverso esso o comunque un'altra macchina di casa Sinclair. Un'autentica reazione a catena spinge non pochi di costoro a cimentarsi nella programmazione di emulatori - il che porta lo Spectrum a essere emulato via software su un'impressionante varietà di piattaforme diverse, dall'Amiga alla PlayStation, da Linux al Nintendo DS - e di ancora altri giochi e demo.

Quando, all'inizio del nuovo secolo, finisce la produzione su larga scala dei cloni dello Spectrum, un considerevole numero di sviluppatori indipendenti prosegue l'opera avvalendosi soprattutto delle schede madri programmabili FPGA. I più avanzati tra i cloni del 2000, come la serie degli ATM Turbo russi, ormai sono indistinguibili fisicamente dai PC, ma la loro "anima" di partenza è sempre presente, al di là delle stupefacenti modalità grafiche e sonore che l'ingegno dei loro ideatori riesce a "tirar fuori". Anche in questo caso internet gioca un ruolo centrale nella condivisione e nel confronto tra esperienze diverse. In mezzo a questa ultima generazione di "discendenti" dello Spectrum è doveroso citare i cloni italiani ZX Badaloc di Alessandro Poppi, Chrome di Mario Prato e Remake di Gennaro Montedoro.

Sulle pagine delle riviste specializzate il retrogaming conquista sempre più spazio, e lo Spectrum vi occupa un posto di primo piano. Lo Spectrum è inoltre il sistema più rappresentato nel catalogo della Cronosoft, l'unica software house oggi esistente mirata alla commercializzazione di giochi nuovi per sistemi vecchi. Sui siti di aste online gli Spectrum vengono scambiati a prezzi non di rado elevati, specialmente se in buone condizioni e se provvisti di accessori, imballo e manualistica. Parimenti si deve riconoscere del merito ai demo party, alle competizioni di retrogaming come lo Speccy Tour, alla costruzione di moderni sistemi di memorizzazione come il DivIDE e alla programmazione di nuovi giochi (più di un centinaio nel 2011!), anche per via, come abbiamo visto, della diffusione dell'emulazione sulle ali di internet, dagli ultimi anni '90 in poi.

Certo, come ogni contesto retroinformatico anche quello dello Spectrum è troppo di nicchia perché si possa parlare di una "seconda giovinezza", specie in confronto all'apogeo raggiunto a metà degli anni '80. Però è indiscutibile che lo Spectrum continuerà a "vivere" ancora a lungo!
Clive Sinclair, 1958 circa
La prima pubblicità della Sinclair Radionics, novembre 1962
La prima apparizione del celebre logo Sinclair, aprile 1964
Mini-radio Sinclair Micromatic in kit di montaggio e assemblata, 1967
Sistema di amplificazione Sinclair Project 60, 1969
Clive Sinclair mostra la calcolatrice Executive, 1972
Black Watch, 1975
Micro-televisore MTV-1, 1977
MK14, 1978 (foto di Steve Elliott)
ZX80 (foto di Daniel Ryde)
ZX81 (foto di Evan Amos)
Chris Curry, ottobre 1981
ZX Spectrum prima versione, 1982-1984
ZX Spectrum +, 1984-1985
Clive Sinclair mostra il QL, 1984
ZX Spectrum 128, 1985-1986
Clive Sinclair a bordo del C5, 1985
La stretta di mano tra Clive Sinclair e Alan Sugar sancisce la cessione della Sinclair Research all'Amstrad per 5 milioni di sterline, 7 aprile 1986
ZX Spectrum +2, 1986-1987, e +2A, 1987-1993
ZX Spectrum +3, 1987-1990
Clive Sinclair alla presentazione dello Z88, 17 febbraio 1987
Il floppy disk incorporato del +3 (da una pubblicità dell'epoca)
Didaktik Kompakt
Scheda madre di ATM Turbo 2 Plus inserita in un case desktop trasparente per PC
Prova dello ZX Badaloc (su scheda madre con architettura programmabile FPGA)
Per approfondire: