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Titolo del gioco:
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Shadow of The Beast
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Anno di uscita:
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1989
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Genere:
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Platform
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Sviluppatore:
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Reflections
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Produttore:
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Psygnosis
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Distributore:
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Psygnosis
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Multiplayer:
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No
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Localizzazione:
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No
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Sito web:
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Requisiti minimi:
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Amiga 500 OCS
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| Altri formati: | |
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Redattore: Lorenzo 'TAD' Di Gaetano Pubblicato il: 06/01/2010 | | | Ecco a voi la prima, vera dimostrazione di forza dell'Amiga! | | 1989. L'Amiga 500 (il più consumer tra i modelli comparsi fino a quel momento) era uscito già da due anni, ma al momento i giochi erano stati quasi tutti tecnicamente abbastanza "acerbi". Psygnosis da una scossa alla situazione con uno dei primi capolavori audiovisivi su Amiga.
IL GIOCO
La trama, come spesso accade, è molto semplice: catturati da piccoli da un demone chiamato Lord Maletoth che vi trasforma in un orribile ma potente mostro al suo servizio, un giorno scoprirete le vostre origini e deciderete di vendicarvi. Inizia così la nostra battaglia, dovremo combattere da soli in un mondo gigantesco contro una quantità impressionante di nemici. Il gioco contiene dei semplici enigmi quali teletrasporti, chiavi da raccogliere per aprire delle porte e così via. Ogni quadro è vasto e in molti casi dovremo cercare di ricordare il percorso che abbiamo fatto per poter poi tornare indietro. Occasionalmente dovremo affrontare il tradizionale "boss di fine livello" gigantesco, spesso grazie all'ausilio di particolari powerup senza i quali il mostro non sarebbe abbatibile.
PRIMO CAPOLAVORO AUDIOVISIVO
Dal punto di vista audiovisivo siamo di fronte, come si diceva, a quella che è forse la prima vera dimostrazione delle capacità tecniche dell'Amiga. La grafica è sontuosa, i personaggi sono tantissimi e giganteschi, i fondali sono spettacolari e ricchi di movimento e di particolari, in alcuni punti ci troveremo di fronte a delle finezze grafiche (come statue e strutture) che abbelliscono ancora di più l'affresco generale. Forse, però, la cosa che impressionò di più fu lo spettacolare effetto di parallasse: all'inizio, nella foresta, il terreno e le nuvole si muovono in tantissimi strati ed in sovrapposizione c'è un ulteriore grafica rappresentante dei muretti diroccati e delle staccionate e sullo sfondo le montagne e la luna, oltre all'immancabile effetto copperlist. Anche negli ambienti interni sfondo e fondale in primo piano si muovono in parallasse. Il tutto a 50 fotogrammi al secondo senza alcuna incertezza, tutto questo in un Amiga 500. All'epoca fece gridare al miracolo e stabilì il nuovo termine di paragone per la grafica su Amiga. Anche dal punto di vista sonoro SOTB segnò praticamente un nuovo standard. Fino ad allora sullo storico sistema solo raramente si era sentito qualcosa che andasse oltre i chiptune, ma i Reflections e il loro David Whittaker con questo titolo hanno fatto capire a tutti di cosa era capace il chipset audio di Amiga, dando inizio alla storica tradizione dei titoli Psygnosis, caratterizzati da sempre da un comparto sonoro curatissimo e assolutamente professionale. La musica è estremamente atmosferica, triste e in tono con l'ambientazione cupa e malinconica dell'intera avventura. Ogni ambientazione ha il tuo tema sonoro e spesso la musica cambia in tempo reale per incalzare l'azione, come ad esempio durante gli scontri con i suddetti mostri giganteschi. Stupendo.
IMPRESA TITANICA Ma ora veniamo alle note dolenti. Fino ad oggi, a distanza di 20 anni, mi sono sempre chiesto se ci sia qualcuno che sia mai riuscito a finire Shadow Of The Beast senza cheat code e senza finire in un ospedale psichiatrico. SOTB è il gioco più difficile che io abbia mai visto sull'Amiga. Non parliamo di un gioco impegnativo, su questo non ci sarebbe nulla di male, parliamo di un gioco in cui hai una sola vita e che quando il livello di energia finisce, muori e ricominci tutto dall'inizio. In qualunque punto del gioco i nemici attaccano all'improvviso sbucando da ogni lato (dal soffitto, dal pavimento, da destra e da sinistra!) a una velocità folle, costringendo il giocatore a memorizzare alla perfezione i luoghi e i tempi in cui i mostri attaccano e, come se non bastasse, per ucciderli (sempre che sia possibile) bisogna colpirli quando si trovano a una precisa distanza dal personaggio, ogni colpo va quindi temporizzato alla perfezione, non si può sbagliare. In alcuni frangenti, addirittura, attaccano in massa, costringendoci ad acrobatiche e precisissime manovre in cui dovremo colpirne uno evitando l'attacco degli altri. In sostanza, riuscire a proseguire significa provare, riprovare, memorizzare ogni posizione dei nemici, il punto esatto in cui appariranno e la reazione al decimo di secondo che dovremo avere per colpirli quando saranno alla distanza giusta. Ogni volta che moriremo, dovremo ricominciare daccapo e ritornare nel punto dove eravamo morti e riaffrontarlo col senno di poi, nella speranza di andare anche un po' più avanti, in un immenso lavoro di approssimazioni successive. Troppo. Eccessivo anche per i videogiocatori dell'epoca, che non potevano salvare le partite ed erano quindi abituati a coraggiose maratone dall'inizio alla fine pur di finire un gioco. In ogni caso, al di la dell'enorme difficoltà, il gameplay non è comunque particolarmente innovativo. Il gioco, seppur vasto, è molto lineare e ripetitivo, in sostanza è tutto un uccidi/evita nemico, ricordati il percorso, prendi chiave, apri porta. Insomma, mostra tutto il peso dei suoi anni. Possiamo pensarlo come una sorta di Manic Miner con dei livelli enormi e un impianto audiovisivo di primissimo livello. |
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